venerdì 22 maggio 2009

Un lento apprendistato

Molti anni fa avevo iniziato a leggere V. di Pynchon: il libro della molteplicità, come dicono certi critici. Un libro enorme, pieno di digressioni e divagazioni, descrizioni dettagliatissime a prima vista lontane dal flusso della storia, storie diverse intrecciate da un filo apparentemente casuale. Un intricato labirinto da cui non sono riuscita a uscire e, infatti, con mio grande rammarico, la lettura di quel libro è rimasta incompiuta.

Poi, poco tempo fa mi sono imbattuta per caso in libreria in questa edizione: la prima raccolta di racconti di Pynchon con tanto di prefazione dell’autore. E ho pensato che potesse essere la buona occasione per approcciare in modo più soft l’autore che ha creato un punto di rottura nella letteratura contemporanea, prima di affrontare di nuovo il “mostro sacro” V. Ma la sensazione è stata la stessa: stessa percezione di inconcludenza, di nuovo troppi dettagli, troppe divagazioni, troppe storie nella storia. Peccato, non riesco ad apprezzare la molteplicità che mi appare soltanto in veste di confusione. Anche lo stile è scorrevole, ma sembra non arrivare da nessuna parte. Finisci un racconto e non ti è rimasto niente. Finisci il libro e non ti è rimasto niente. Solo la prefazione, che è memorabile.

Peccato… spero di riuscire ad avere l’ispirazione giusta per affrontare di nuovo V. e di riuscire a cogliere la potenza di quell’autore che a dire il vero, per ora, percepisco solo a livello concettuale.

Titolo: Un lento apprendistato
Autore: Thomas Pynchon
Edizioni: Einaudi

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