mercoledì 4 febbraio 2009

La testa


In preda a un raptus scribacchino –di questi tempi piuttosto raro- mi sono piazzata di fronte a questa pagina bianca bastarda. Ci siamo guardati reciprocamente… Comunque, esaurite tutte le possibilità di distrazione, mi è toccato iniziare.

Potrei raccontare di un cesto di mandarini morto prima di nascere e di come tutte le bucce e i semini siano finiti in un posacenere di latta, ma non credo interesserebbe a nessuno. Oppure ci sarebbe quell’altra cosa riguardo una falsa coppia di veri amanti e di come una sera si confidarono il loro reciproco tradimento. Ma è una storia strana, o forse non è nemmeno una storia.

Se no ci sarebbe questa. Ma è solo una prova.

Proviamo a immaginare di staccare la nostra testa e di metterla su un tavolo, un tavolo qualunque con un po’ di spazio intorno. Naturalmente bisogna eliminare il dolore. Il dolore non esiste. Non fa male, è solo un esperimento. Ora bisogna in qualche modo eliminare i capelli, anche se questo è solo un dettaglio. La parte interessante arriva adesso: si tratta di aprire il cranio e scoperchiare la testa in modo da rendere visibile il contenuto.

Il cervello. Una massa tutta piena di circonvoluzioni strane e contorte, forse grigiastra, (se tutti l’hanno sempre chiamata grigia ci sarà un motivo…) comunque una massa apparentemente immobile, inerte. Ora possiamo guardare il nostro cervello al lavoro. La testa sul tavolo sembra così nuda e disarmata ora, ma è sempre potente e dannatamente affascinante… viene per forza voglia di guardare meglio, cercare di capire, scavare tra le scissure dei lobi. Non c’è bisogno di aver paura di farle male o di distruggerla, è un esperimento, la testa è lì per noi, per la nostra conoscenza, per fare chiarezza, per aiutarci a capirci qualcosa. Quindi ci si può andare giù pesante. Tagliare, incidere, vivisezionare, girarci attorno, andarci dentro con tutti gli strumenti a disposizione per osservare attentamente.

Le cellule. Microscopici propulsori di energia chimica o elettrica che vanno su e giù in modo frenetico. Milioni di ridicoli puntini a forma di stella si muovono in tutte le direzioni a velocità supersonica.
Benissimo, perfetto. Anche andando più a fondo con l’osservazione e le incisioni tutto sommato non si scorge altro. In realtà sembrerebbe solo un movimento confuso e decisamente caotico. È istintivo provare a toccarli. I neuroni, dico. Sensazione particolare, no? E ora, una volta ficcate le dita in questa specie di poltiglia di pulviscolo in movimento… chi resiste alla tentazione di darle una direzione? I neuroni impazziti che fuggono e si rincorrono a casaccio e senza meta provocando quelle strane e fastidiosissime sensazioni di smarrimento, dubbio, confusione, potrebbero essere guidati proprio da noi, legittimi proprietari della testa stessa. Direi decisamente un’occasione da non perdere, giusto? E tra l’altro un diritto inequivocabile per il possessore della testa in questione.

A pensarci bene…se pretendiamo ordine e pulizia all’interno della casa in cui viviamo come posiamo tollerare il caos nella nostra testa? Bisognerà provarci, allora. Certo, fa un po’ effetto, ma basta rendersi conto che queste sono solo cellule disordinate e perse nel caos che necessitano di un po’ d’ordine, di un percorso sano e prestabilito da seguire. Non è poi così difficile: lavorando direttamente sulla materia si riesce abbastanza agevolmente a imprimere la giusta direzione alle cellule che man mano sembrano prendere delle strade definite e chiare. Precise.
Fare chiarezza, eliminare il caos, dare una direzione agli impulsi elettrici apparentemente casuali. È giusto prendersi il tempo che serve. Un esperimento di questo tipo non è che si possa ripetere un giorno si e uno no, tanto vale fare le cose per bene, una volta per tutte. E poi ci vuole coraggio a entrare così nella propria testa, vedere cosa c’è, come funziona e provare a cambiare e dirigere il corso dei propri pensieri.

A questo punto l’operazione sembra andata a buon fine. È facile richiudere il cranio e risistemare i capelli. Perfetto, ogni cosa sembra essere tornata a posto. Tutto è tornato dov’era, ora si può rimettere la testa al suo posto, sul collo. Le cellule sono state indirizzate, abbiamo dato loro una direzione sensata, pensata e ragionata. Da noi, i diretti interessati, nonché proprietari della testa stessa, appunto.

Ma qualcosa sembra non aver funzionato. Il caos rimane, la sensazione di confusione, di non appartenenza, i dubbi, la nebbia, il buio. È tutto esattamente com’era. Ma come? Abbiamo esplorato la nostra testa e abbiamo noi stessi diretto i nostri pensieri seguendo uno schema preciso scelto proprio da noi, secondo una scelta consapevole e razionale di dove volevamo arrivare. L’obiettivo era proprio quello di fare chiarezza, no? Eliminare i dubbi, giusto? Capire i meccanismi e orientare i processi, vero? Allora perché tutto è ancora confuso e caotico? Ancora stordimento, incertezze, dubbi, penombra? Non è cambiato niente. Niente di chiaro, niente di preciso, nessun dubbio chiarito, nessuna certezza.

Ma come? Non era la testa il centro di tutto?

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