giovedì 12 marzo 2009

Innsbruk e i gioielli - un anno dopo

Ponte del 25 Aprile 2008. In tutt’Italia parate in onore della Liberazione dai fascisti e contemporaneamente in molte piazze i tanto discussi VDay di Grillo. Io invece me ne vado. Tanto per fare una metafora di quello che vorrei fare della mia vita. Ma questo è un altro discorso.

Destinazione: Innsbruck. In particolare: destinazione Innsbruck con obiettivo specifico fabbrica-museo-negozio Swarovski.
Idea e progetto: la mamma
Compagna di viaggio: la mamma

Treno da Bologna in orario più che comodo e in 5 ore siamo in Austria. Pomeriggio pieno. C’è il sole ma allo stesso tempo scende una pioggia finissima che rende tutta l’atmosfera velata e iridescente. Temperatura ideale. Per il momento (siamo in montagna, non si sa mai…).

Orario perfetto per la prima approfondita ricognizione: istantanea partenza per ispezionare gli angoli, le vie, le piazzette, il fiume con il nostro immutato entusiasmo, ormai collaudato, da bambine alla prima libera uscita. La città: interessante e pittoresca come tutte le città del nord Europa sanno essere. Le case tutte diverse, colorate, alte e basse, i tetti ondulati, le finestre con i cornicioni colorati. E poi il fiume, l’Inn, bello e corpulento, a dividere il centro storico vero e proprio (rigorosamente ZTL) dal resto della città più moderna e ad accesso libero per le macchine. Ogni città che si rispetti dovrebbe avere il suo bel fiume che ci passa in mezzo!
Comunque, come potevamo prevedere, al di là degli apprezzamenti pittoreschi e romantici la temperatura si abbassa e la pioggia si infittisce, lo stomaco e il palato reclamano un po’ di attenzione: urge trovare un posto dove cenare. E lo troviamo, dopo aver ispezionato i menu affissi fuori e sbirciato l’atmosfera all’interno. Posto accogliente, una candela su ogni tavolo, come da copione, quadri raffiguranti galli (o galline?) su ogni parete…non mi risultava che il gallo fosse il simbolo di Innsbruck… Ordiniamo tra mille dubbi tutti piatti rigorosamente diversi: vige la regola del SiAssaggiaTuttoIlPossibile, ognuno divide a metà il proprio piatto con l’altro.
Quindi: zuppa d’aglio e brodo di manzo come antipasti, piatto unico a base di manzo e verdure, piatto unico di carne mista e verdure, frittelle con marmellata di prugne e Strudel con ricotta. Un bicchiere di vino, una birra media, una bottiglia d’acqua e una pagnotta di pane alla modica cifra di 50€. Mi permetto una piccola precisazione: il pane si paga a pagnotta e la bottiglia d’acqua costa 4.50€. Porzioni inaudite, ci rendiamo conto subito che non saremo all’altezza del compito… Invece, contro ogni aspettativa, riusciamo in qualche modo a rendere giustizia al digiuno della giornata, ma con le dovute conseguenze: nottata accalorata e quasi insonne, digestione lenta e affaticata. Un prezzo bisognava pagarlo…

Ma è adesso che si va verso la reale destinazione, la nostra meta vera: la cittadina di Wattens, i Kristallwelten, il regno del luccichío, l’impero di tutto ciò che brilla. Organizzazione impeccabile, come era da aspettarsi: il bus navetta parte in orario perfetto dalla stazione centrale di Innsbruck e in 27 minuti precisi ci trasferisce a destinazione. Il museo è un’opera complessa di stile e design, oltre che di architettura.

L’ingresso del museo l’avevo visto tante volte su Internet e sui depliant, quindi a dire la verità quella faccia scavata nella roccia con la sua cascata a sputo pur se spettacolare non mi colpisce più del dovuto. La scritta di benvenuto invece si merita la prima foto della giornata: YES TO ALL. Si a tutto??? Pericolosissimo, all’ingresso di un negozio di gioielli…



Il museo è… scintillante, in alcuni ambienti quasi claustrofobico. Cunicoli brillanti, opere d’arte create apposta per valorizzare il bagliore delle pietre nel buio, percorsi creati ad hoc attraverso luci vere e proprie, alternati ad effetti luminescenti artificiali. Tutto il circuito si snoda al buio a contrasto col brillare degli oggetti o di alcuni ambienti fosforescenti: una specie di labirinto guidato dove è impossibile perdersi ma che crea una sorta di piacevole vertigine. Davvero un’esperienza inconsueta, come preannunciava la voce suadente all’interno della navetta poco prima di arrivare.

Poi si sfocia nel negozio, il percorso è obbligato. Tutto calcolato alla perfezione. È come percorrere un sentiero stretto e scuro per poi arrivare di getto su una radura ampia e abbacinante: l’effetto è devastante, soprattutto considerata la dimensione del salone-negozio e della varietà di oggetti proposti. Dopo pochi attimi di panico cerchiamo di orientarci in quel nuovo labirinto non meno inquietante del primo. E alla fine è fatta: ci lasciamo letteralmente inglobare nel meccanismo. Come due cellule impazzite saltiamo da una vetrina all’altra cercando di non perdere definitivamente il controllo e di trovare un percorso idoneo. Quando, come una rivelazione arcana, si svela una parte ancora inesplorata: la sezione fai-da-te. Una scelta sterminata di cristalli di ogni forma e colore da assemblare a proprio gusto, con tanto di materiale di assemblaggio già bello e fornito direttamente sul posto. A dir poco da impazzire. E qui la mia indecisione dà il meglio di sé: c’è troppa roba, tutta troppo bella, tutta indispensabile, tutta troppo bene abbinabile. Un vero incubo, insomma. E poi: orecchini o anello? Bracciale abbinato a orecchini? Rigidi o morbidi? Allora forse collana? E chi li sa assemblare, poi, i gioielli? Mi manca la pinza, la comprerò in una ferramenta. In qualche modo dopo due ore e mezza di giri e ripensamenti riusciamo a uscire con il bottino. Anche piuttosto apprezzabile, direi. Tutte e due contente, con tanto di regali da distribuire al nostro ritorno.

All’uscita, sorridenti e gongolanti, vediamo una parete ricoperta di foto e un drappello di persone ferme a guardare: ci siamo tutti, tutti i visitatori della giornata sono stati immortalati in una foto-ricordo degna del più dozzinale turista giapponese. Ecco cosa faceva quell’omino con la sua macchina fotografica all’ingresso!! Una tentazione troppo forte, non posso resistere e cedo al kitch della foto ricordo, con tanto di cornice azzurrina e data. Ridendo ancora più forte torniamo alla nostra navetta, dopo una porzione di patate fritte e una birra.

Tornate n città non ci resta che goderci un caffè in una birreria e passeggiare oziosamente verso l’albergo. Il sole del pomeriggio rende piacevole l’aria frizzante, la città inizia a riempirsi di gente in aria di festa. È presto ora di cercare un altro posto dove festeggiare gli acquisti e sperimentare la gastronomia locale. Una trattoria davvero tipica, stavolta, tutto legno, lampade basse e tovaglie a quadri. Vale la solita regola dell’assaggio obbligato, quindi: zuppa di canederli e zuppa di pomodoro, piatto unico a base di agnello e verdure miste e piatto unico a base di arrosto di maiale e cavolo bianco, una pagnotta di pane (anche qui pagata a parte), acqua (3.50€, stavolta…) un bicchiere di vino e una birra media. Eccellente. Curato e saporito. Andiamo a dormire dopo un ultimo esame al nostro sudato bottino, con un sorriso appagato.

Colazione continentale con tanto di salame e formaggio, il tempo di arrivare con calma a piedi alla stazione, il sole scalda le strade e rende difficile andarsene. Ma la missione è compiuta, possiamo tornare in patria soddisfatte.

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